07 marzo 2021
06 marzo 2021
“EROI IN DIVISA SULLE NOSTRE MONTAGNE” Parte I
Finalmente siamo sul mezzo da sbarco! Siamo la Third infantry division, io sono stato assegnato al 15esimo reggimento. Siamo quasi uno addosso all’altro e non riesco a vedere neppure la spiaggia. Ci hanno detto che sbarcheremo sulle spiagge a circa due miglia a sud di Salerno. Oggi il mare è calmo e fa ancora un caldo infernale, ci hanno informato che qui non piove dal mese di maggio. Non dovremmo incontrare resistenza da parte del nemico e questo mi solleva moltissimo, i compagni che ci hanno preceduto il 9 settembre hanno conquistato con il coraggio e con il sangue questa costa ed hanno costituito una sicura testa di ponte, ma quello che più ci fa stare euforici è che gli italiani si sono arresi l’8 settembre, quindi, pensiamo che sarà se non una passeggiata almeno una tranquilla marcia fino a Napoli.
Questo è quello che pensavo nel tardo pomeriggio del 20 settembre 1943, ma la marcia non fu tranquilla, ma forzata dal nemico il cui coraggio fu davvero ammirevole così come i ripetuti attacchi su tutto il territorio fin ad Acerno, dove il giorno prima della battaglia abbiamo dovuto neutralizzare due postazioni nemiche che ci impedivano il passaggio e che più avanti vi racconterò nel dettaglio.
Il mio nome non posso rivelarvelo adesso ma soltanto al termine del mio racconto. Oggi non sono più in vita, ma non mi ha ucciso la guerra. Sono morto in un terribile incidente alcuni anni dopo che sono tornato a casa. E’ davvero strana la vita! in guerra la mia vita è stata sempre così precaria che mi ero abituato a convivere con la morte, ormai come ho già avuto modo di scrivere in passato, “si era indifferenti alla vita ed alla morte”.
Sono nato in una famiglia poverissima ed ero uno dei tanti uomini come ce ne sono al mondo, oggi sono invece il soldato americano più famoso della seconda guerra mondiale, ma di questo non me ne sono mai vantato. In battaglia ho conquistato tutte le medaglie dell’esercito degli Stati Uniti, comprese alcune della Francia e del Belgio, hanno detto che non esisterà mai più un soldato come me. Ma io ripeto sempre che se vi è gloria nella guerra, che vada a uomini che ho conosciuto e che sono caduti. A due in particolare, uno dei quali ho chiamato nel mio libro autobiografico “Brandon”, e che per me è stato come un fratello. Ho fatto una lunga carriera nel cinema, ho scritto poesie e canzoni ma tutta la mia vita è stata accompagnata da un profondo malessere che mi sono conquistato anche questo durante la guerra.
Adesso siamo sbarcati. Siamo già zuppi di stanchezza e bagnati sino alla vita e non credo che potremmo farci una doccia. Ci hanno ordinato di essere veloci perché dobbiamo raggiungere una località chiamata Battipaglia per poi marciare verso una strada che corre a nord est di Salerno in direzione di Acerno che dobbiamo liberare dai Kraut. Abbiamo solo il tempo di riposarci qualche ora in un paese chiamato Olevano Sul Tusciano, giusto il tempo per organizzarci e poi ripartire………
La campagna di Sicilia mi ha tagliato le gambe, credo di aver imparato a restare vivo, ma questo non si può mai dire. Forse in quelle terre ho contratto la malaria e a volte mi sento venir meno, sento all’improvviso gli occhi che mi bruciano e la febbre che mi sale, ma non voglio che i miei compagni se ne accorgano e soprattutto i miei superiori. Il mio senso del dovere e il mio attaccamento al plotone mi impediscono di andare in un ospedale da campo, non voglio abbandonarli. Resisterò.
Passiamo adesso da Battipaglia o, meglio, da ciò che ne resta. Qui è stato tutto bombardato e soltanto le rovine sono restate in piedi. Sui volti delle persone vedo solo terrore e disperazione. Questa non è la guerra che immaginavo quando mi sono arruolato volontario, non è quella che si legge sui libri, fatta di onori, glorie e sfilate, è solo morte, sofferenza e cinismo. In lontananza si vedono le montagne. In Sicilia ci siamo specializzati nella battaglia in montagna e, quindi, credo che con il mio plotone saremo assegnati alla pattuglia, saremo in prima fila noi e i Kraut, che alcuni di noi chiamano “superman”, per la loro abilità in battaglia.
“EROI IN DIVISA SULLE NOSTRE MONTAGNE” Parte II
Abbiamo attraversato Battipaglia ed ora ci siamo fermati Ad Olevano sul Tusciano. Ma il grosso della divisione è rimasta più indietro con i mezzi pesanti. Siamo già sfiniti e non abbiamo ancora cominciato la marcia. Gli italiani qui ci hanno accolto come dei liberatori, ci abbracciavano e qualcuno ci regalava delle bottiglie di vino che sono già finite! A volte il vino aiuta a pensare di meno a quello che ci aspetta o a farci sentire con più leggerezza quella paura che ci prende nello stomaco, sembra che qualcuno ti stia prendendo le budella con le mani per contorcerle fino a farti crepare! Poi al primo colpo tutto passa, ti scatta qualcosa che non so spiegare, forse è lo spirito di sopravvivenza che prevale e si diventa come delle macchine. Allora la paura diventa una compagna, ti è sempre vicino e se non perdi la ragione, con molta fortuna forse puoi anche sopravvivere.
Adesso siamo fermi qui, siamo migliaia, ma come immaginavo il mio plotone è stato assegnato alla pattuglia e, quindi, siamo in prima linea! Ci siamo accampati in un piccolo spiazzo dove accanto scorre un fiume, chiamato Tusciano. Qualcuno ci ha detto che si chiama Parco San Michele. Ma a noi poco importa, ci interessa di più il fiume perché le sue acque sono fresche e limpide e ci possiamo lavare per quel poco che possiamo. Intorno a noi montagne alte e bellissime ci guardano dall’alto e verso ovest si intravedono i resti di un antico castello tra due colonne rocciose.
Tutto sta ad indicare che da queste parti la guerra è già passata molto tempo fa. Questo è l’uomo e la storia si ripete sempre.
Sebbene ci siamo ormai abituati a vederci passare sopra le teste dei colpi di artiglieria, ci aspettiamo da un momento all’altro che i tedeschi si facciano sentire. Invece tutto tace e questo ci crea inquietudine. Le budella già cominciano a “ballare”! Dalle ricognizioni aeree e dagli italiani siamo stati informati che i Kraut si sono posizionati su quelle montagne a nord da dove ci troviamo. Certamente ci stanno aspettando ansiosi di farci la pelle. Il comando ha già predisposto l’ordine di marcia: saliremo sul sentiero in direzione del castello per poi congiungerci con gli altri che bivaccano nel paesello, poi prenderemo tutti una strada sicura che ci porterà fino ad una biforcazione dove a sinistra la strada scende a Montecorvino Rovella e a nord per Acerno.
Da quel punto, il quindicesimo reggimento scenderà verso Montecorvino per poi, da dove vi è una antica chiesa, voltare verso nord per aggirare il nemico e raggiungendo attraverso le montagne il piccolo paese di Curticelle superare il passo della colla fin alla valle del Sabato per dirigersi nelle vicinanze di Avellino, dove attenderanno il resto della divisione.
Il settimo e il trentesimo reggimento seguiranno la strada per Acerno, quest’ultimo dovrà liberare il paese mentre il settimo tenterà di arginarlo per tagliare la strada ai tedeschi al luogo denominato le “Croci di Acerno”.
Con il mio plotone insieme ad altri marceremo a circa 100, 200 metri al di sopra della strada per Acerno sulle creste delle montagne in esplorazione. Altri marceranno lungo la strada a piedi e con mezzi leggeri. Li avviseremo in caso di pericolo….
Il grosso della divisione rimarrà indietro.
E’ già mezzanotte ed il cielo è stellato! Chissà se vedrò la prossima alba.
Adesso si parte, zaini in spalla, elmetto sulla testa, il mio Tommy Gun ben carico e comincia la danza….
“EROI IN DIVISA SULLE NOSTRE MONTAGNE” Parte III
Una leggera brezza ci rinfresca il viso ed è l’unico sollievo in questa marcia! Siamo zuppi di sudore e camminiamo lentamente lungo il pendio delle montagne, il nemico ancora non si è fatto sentire ma sappiamo che da un momento all’altro sentiremo uno sparo e forse uno di noi cadrà a terra con urla di dolore, finché la morte non porterà sollievo. Solo il favore della notte e questi magnifici alberi potranno aiutarci dal non essere visti, ma marciare in silenzio è impossibile, ad ogni passo i nostri scarponi calpestano un ramo secco che emette il suo caratteristico rumore e ci fa tremare. Siamo in sette nella mia pattuglia, non parliamo tra noi per non farci sentire, ma spesso incrociamo i nostri sguardi ed è come parlare. E’ incredibile quante cose si possono dire anche con un solo sguardo. Le ragnatele sono fastidiosissime, continuano ad attaccarsi ai nostri volti, per adesso questo è il nostro nemico.
Ci siamo sparpagliati su per i pendii e sembrerà incredibile da credere ma ci auguriamo al più presto di sentire la mitragliatrice tedesca che ci spara contro, perché l’ansia ci sta consumando passo dopo passo.
Adesso giù verso il pendio noto una strada che corre verso sud, siamo alla biforcazione per Montecorvino Rovella, guardo il mio orologio incrinandolo verso la luce della luna: sono le 2.45 del mattino.
I miei compagni mi guardano scrutando sul mio volto il significato della mia sosta, allora li tranquillizzo indicando con la mia mano di proseguire, ma mentre agito ancora il mio braccio scoppia un inferno di fuoco! Ci buttiamo a terra come sassi pesanti e le pallottole ci passano sopra la testa emettendo il loro sibilo caratteristico. E’ l’mg 42 che ci vuole far fuori! Non riusciamo a vedere da dove stanno sparando e non ci conviene rispondere, altrimenti possono individuare la nostra posizione e farci saltare in aria con un colpo di artiglieria leggera.
Avvisiamo le nostre retrovie che il nemico si trova sopra una collina di fronte alla nostra posizione proprio sopra il bivio tra Montecorvino e Acerno, così il comando ci ordina di indietreggiare e di posizionarci più indietro e di tenerci al riparo. La nostra artiglieria ci aprirà la via.
Il cielo adesso si illumina, i mortai cominciano a cantare e colpiscono tutta la zona avanti a noi con un fuoco incessante tanto che la terra trema sotto di noi. Si sentono anche le schegge che sibilano ovunque e si resta giù appiattiti come vermi aspettando che i mortai smettano di cantare.
E finalmente si riparte, ma i tedeschi sono ancora piazzati per le colline. Ci raggruppiamo con gli altri plotoni e avanziamo tenendoci comunque distanziati, nessun nemico può restare vivo o qualcuno ci lascerà la pelle! Le raffiche di mitragliatrici sono continue, sentiamo esplodere le nostre bombe a mano e allora capiamo che qualcuno dei nostri ha individuato qualche “tana di volpe”. Ma quanti ce ne sono! Gli spari si odono anche da sud, tutta la zona è coperta dai Kraut, sembra che si stiano dividendo in gruppi, alcuni vanno verso Acerno mentre altri si dirigono verso una chiesa poco più in basso.
Le danze continueranno per una buona mezz’ora, i nostri hanno occupato tutte le colline intorno e “bonificato” la zona per alcune centinaia di metri”, si sentono soltanto alcuni colpi provenire dalla zona della chiesa, dove i tedeschi hanno picchiato pesantemente con le mitragliatrici, a anche la nostra risposta non si è fatta mancare. Prima i mortai e poi i nostri Tommy Gun!
Immancabili adesso sono le conte dei feriti e dei morti, noi ci siamo tutti per questa volta la morte ci ha sfiorato soltanto volendoci risparmiare per il prossimo attacco nemico. Si perché siamo sicuri che i tedeschi sono arretrati per riposizionarsi. Non ci lasceranno arrivare ad Acerno facilmente!
Adesso che le armi tacciono si sentono solo i lamenti dei feriti e le bestemmie contro i tedeschi e contro questa maledetta guerra. Brandon si avvicina e mi chiede se siamo tutti in piedi, io gli rispondo tutto bene e lui mi dà un colpo sulla spalla e se ne va. Un passo dopo un altro e mi domando se torneremo a casa un giorno, il mio desiderio più grande è quello di sedermi sulla veranda di casa gustandomi una birra fredda e senza che qualcuno mi spari alle spalle!
Lui ha una famiglia, io no. Ogni volta che posso avanzo davanti a tutti, sono quello che ha meno da perdere in questa guerra. Se tornerò a casa sano e salvo, la mia guerra continuerà contro la povertà. Mia madre è morta quando avevo sedici anni e mio padre anni prima ci aveva abbandonato lasciando una famiglia già povera e numerosa. A volte rivedo ancora mia madre spezzarsi la schiena di lavoro per farci crescere e quando cammino su per queste montagne ripenso a quando ancora quasi bambino imbracciavo il fucile per le colline del Texas a caccia di animali per avere qualcosa da mangiare.
Il mio aspetto da fanciullo non mi ha lasciato, lo odio! Ho faticato molto anche per farmi arruolare e quando ci sono riuscito mi volevano assegnare alle cucine per salvarmi da una morte certa in guerra. A me sembrava di impazzire, ma poi ce l’ho fatta e sono stato assegnato alla fanteria, anche se avrei voluto entrare nei marines. Mi viene da sorridere pensando che un giorno qualcuno dirà ad un mio superiore mentre mi osserva: “non farti ingannare dal suo aspetto, lui è il soldato più tosto di tutta la divisione!”
Ma dobbiamo andare avanti adesso! Ed io sono il primo, d’altronde sono il caporale, ho dei doveri verso il mio plotone. Queste montagne assomigliano alle nostre montagne rocciose, l’ideale per nascondersi ed attaccare, non si poteva trovare un luogo peggiore per fare una guerra!
“EROI IN DIVISA SULLE NOSTRE MONTAGNE” Parte IV
Avete letto sui resoconti di questa campagna che è stata quasi una marcia, ma al diavolo, la verità è un’altra!
Fra queste montagne da Montecorvino Rovella fino ad Acerno è stata una guerra aspra e cruenta!…
Si continua a marciare in direzione di Acerno. Ora che il primo scontro è avvenuto ci chiediamo quando ci sarà il secondo. La paura si è trasformata in quel dolore allo stomaco talmente forte che anche la testa comincia a farmi male. A volte penso che se un proiettile mi colpisse allo stomaco, il dolore che sento lo potrebbe respingere! Ma ci sono abituato.
Arriviamo nei pressi di una sorgente chiamata “fontana del vescovo” ed ecco l’mg che torna ad abbaiare. Noi ancora a terra, immobili come pietre. Questa volta ci tocca far saltare la tana di volpe. Io Brandon e altri due facciamo fuoco di copertura mentre altri tre salgono più in alto per aggirare la postazione per poi avvicinarsi e neutralizzarla. Il fuoco è incessante, i colpi traccianti ci passano sopra la testa e in un attimo il bosco sembra illuminarsi. Quando sentiamo i nostri che cominciano a sparare intensifichiamo i nostri tiri per coprirgli l’attacco, poi un colpo di bomba a mano e ancora un altro. Si sono avvicinati! Allora ci alziamo con la schiena curva e corriamo tenendoci bassi tentando quando è possibile di ripararci dietro ad un tronco d’albero, ma sempre continuando a sparare. Li chiamo e loro mi rispondono, mentre sono ancora avvolti dal fumo nero dell’esplosione, dicendo che i tedeschi sono fuggiti.
L’odore acre del fumo mi riempie i polmoni e mi pare di soffocare, ma si va avanti nonostante tutto. Più indietro un altro plotone ha ucciso un tedesco, aveva perso la ragione evidentemente spaventato dalla battaglia ed era scappato senza meta, diventando un facile bersaglio per il garand. Più tardi ho saputo che era un ragazzo. Il suo corpo, o meglio i suoi resti, dovranno aspettare alcuni anni prima di trovare una degna sepoltura. Oggi quella zona viene chiamata:”il tedesco morto”.
Altre scaramucce continuano su tutto il versante a sud della strada per Acerno, qui su per queste montagne i tedeschi adottano la tecnica del mordi e fuggi ed hanno lo scopo di rallentare la nostra marcia. E fino ad ora ci stanno riuscendo alla grande!
Giù per questa valle è avvenuta una battaglia che non è stata raccontata sui libri ed ha visto il quindicesimo reggimento faticare moltissimo per superare i tedeschi. Dalla mattina di questo 21 settembre 1943 sino al pomeriggio.
I nostri del quindicesimo erano scesi dal bivio tra Olevano e Acerno verso Montecorvino e poi, passando per il santuario della Madonna dell’Eterno, si erano diretti verso la zona chiamata Lappe e da lì dovevano risalire verso Canale per aggirare il monte Circhio e, oltrepassando le montagne, arrivare a Curticelle per raggiungere Avellino.
I tedeschi avevano immaginato questa mossa e da Montecorvino Rovella, facendo saltare i ponti di accesso, passarono la frazione Gauro, e si posizionarono tra Canale e il monte Circhio. Da quella zona avrebbero potuto ritirarsi sia verso Acerno, passando da Cerasuolo, dove pure vi furono scontri pesanti, che verso le Croci di Acerno.
Mentre il quindicesimo si trovava nella valle in zona Lappe, i tedeschi scagliarono contro di loro tutto quello che avevano e fu l’inferno! Tentarono di proteggersi dalla pioggia di colpi di artiglieria come potevano, ma non era facile. Le schegge volavano ovunque, gli alberi cadevano e la terra tremava sotto i corpi dei soldati. Passare era impossibile, attaccare significava farsi massacrare. Allora il settimo reggimento che si trovava più a nord e che si muoveva verso Acerno, fu chiamato in loro difesa. Fu deciso di costituire una posizione di attacco in un castagneto in località Antico e da lì colpire i tedeschi che si trovavano giusto sul lato opposto della valle sottostante. E così fu. Soltanto che i Kraut avevano previsto anche questa mossa, così si erano appostati con due mitragliatrici proprio all’ingresso del castagneto e una volta che quelli del settimo furono a tiro, scatenarono tutta la loro forza di fuoco contro di loro.
Per superare le postazioni nemiche, i nostri faticarono parecchio.
Quando riuscirono a posizionarsi, spararono con le mitragliatrici e con l’artiglieria in direzione dei tedeschi, che avevano occupato tutta la zona opposta e che addirittura avevano iniziato a martellare anche i nostri del trentesimo che marciavano lungo la via per Acerno.
Il settimo lanciò anche diversi colpi fumogeni per disperdere i Kraut e presto si rivelò una mossa vincente, perché si ottenne il risultato voluto. Solo adesso il quindicesimo, che fin ora era rimasto bloccato giù nella valle, riuscì ad avanzare salendo molto faticosamente sul pendio della montagna, mentre all’artiglieria del settimo si aggiungeva anche quella del quindicesimo. Ma i tedeschi erano intenzionati a non mollare e all’improvviso scoprimmo sulla nostra pelle che un carro Tiger era pronto a far saltare in aria la postazione del settimo sul versante opposto. Soltanto con il coraggio di alcuni soldati del quindicesimo, che intanto erano riusciti a risalire la montagna ed a posizionarsi in un luogo abbastanza protetto, che il Carro fu costretto a ritirarsi, infatti lo colpirono più volte con colpi anticarro.
Dopo alcune ore di fuoco di artiglieria che intanto aveva ricoperto di schegge tutta la zona tra Canale e il monte Circhio fin sulla cima, finalmente i tedeschi si ritirarono verso Cerasuolo per unirsi al grosso dell’esercito schierato ad Acerno, ma lungo questo tragitto furono molte le postazioni di mitragliatrici tedesche che avrebbero aspettato noi americani. Questi ragazzi venivano lasciati soli, a volte due per postazione, nel tentativo di rallentarci. E mentre ci aspettavano, consumavano forse l’ultimo pasto.
Così venne il pomeriggio, il teatro degli scontri aveva interessato ormai tutte queste zone di montagna. Ogni sentiero, ogni cresta o pendio di montagna erano stati percorsi dalla terza divisione ed erano state neutralizzate tutte le decine di postazioni nemiche.
Io ed i miei compagni adesso ci troviamo a circa due miglia a sud di Acerno. I tedeschi si sono dimostrati abili e coraggiosi combattenti nonché ottimi conoscitori della zona.
Siamo bloccati nei pressi di un ponte che hanno fatto saltare. E’ impossibile proseguire la marcia senza essere costretti a neutralizzare il nemico. Abbiamo scavato un buco a circa cento metri sulla collina posta a sud del ponte e qui ci siamo riparati in attesa di istruzioni. Non sarà affatto facile passare!
Nel prossimo racconto vi svelerò la mia identità e vi racconterò della battaglia sul ponte di Acerno.
Descrizione: Corrado Curci
Foto: Web
“EROI IN DIVISA SULLE NOSTRE MONTAGNE” Parte V “La battaglia sul ponte di Acerno”
Alle nostre spalle ci siamo lasciati Montecorvino Rovella e davanti a noi abbiamo Acerno a circa due chilometri.
Ed eccoci qui, a proposito, il mio nome è Audie Leon Murphy, sono il soldato americano più decorato della seconda guerra mondiale, un eroe nazionale, ma di questo ne parlerò un’altra volta.
Adesso tutti e sette siamo infilati in un buco, freddo e umido, mentre fuori si muore dal caldo nonostante sia quasi sera. E pensare alla fatica che abbiamo fatto per scavarlo. Sotto di noi a quasi un centinaio di metri c’è un meraviglioso ponte che i tedeschi hanno fatto saltare e fra quelle rovine si sono scavati una tana di volpe e si sono appostati!
Questa è una strategia che usano spesso durante la ritirata, serve a far ritardare la nostra avanzata. Se non fosse per l’abilità dei nostri ingegneri, forse questa guerra sarebbe durata molto più a lungo. Questo ponte lo renderanno praticabile in soli due giorni!
Ho bisogno di uscire da questo maledetto buco o mi beccherò un raffreddore. Faccio pochi passi e sono già sulla cima di questa splendida collina.
E’ il tramonto. Ed è bellissimo da qua su!
Di tanto in tanto si sente la mitragliatrice sparacchiare e torno alla realtà. Finisce il tramonto, finisce il panorama, finisce la vita!
Mi accorgo che giù ad est nella valle si erge un’altra collina più bassa rispetto a questa dove mi trovo. Maledizione, ho notato un’altra postazione nemica! Si sono posizionati davvero bene i mangia patate, da lì controllano anche la strada principale per molte decine di metri. Dobbiamo avvertire le retrovie o saranno falciate quando si avvicineranno. Infatti, non faccio in tempo a muovermi che i kraut cominciano a sparare e capisco che una compagnia del trentesimo si sta avvicinando. Spero che non abbiano colpito nessuno. I tedeschi da quella collina hanno un raggio di tiro molto ampio.
Dopo aver segnalato le posizioni nemiche al comando, mi ordinano di tenere la posizione di osservazione mentre gli altri del trentesimo si ritirano e formano un bivacco per la notte proprio sopra ad un incrocio dove una strada sterrata scende giù da quella principale fin nella valle sottostante.
Siamo ancora qua e sinceramente questa situazione non mi piace. I miei compagni sono d’accordo nell’aspettare i carri che faranno saltare la postazione nemica. Non vogliono rischiare. “Ma che dobbiamo fare”, dico io “aspettare che i Kraut si accorgano dell’arrivo dei carri e che fuggano, così poi si riappostano e ci fanno la pelle da un’altra posizione?!! Non esiste, allora non avete capito, adesso tocca a noi farli saltare”. Steiner dice:” vado io per primo, ci penso io a quelli”. Steiner a guardarlo non si direbbe che sia un soldato, è molto basso, ha il viso paffuto come un bambino ed è grassottello, ma soprattutto è sempre goffo nei movimenti e la sua uniforme è sempre in disordine. Anche Brandon si offre volontario. Lui è come un fratello per me. E’ il soldato più coraggioso che conosca, se gli succedesse qualcosa, non potrei sopportarlo. “Ragazzi, andrò avanti io, voi seguitemi! Brandon, tu stammi dietro e fammi fuoco di copertura quando saremo vicino al ponte”. “Forza, andiamo a rompere il culo a Hitler! Controllate le munizioni”.
Guardo l’orologio, sono le 21.30 della sera del 21 settembre 1943.
Strisciamo come serpenti descrivendo un ampio arco verso ovest e dopo qualche minuto ci troviamo vicino al fiume, è l’Isca della Serra, le sue acque sono basse perché non piove da molti mesi. Dopo il ponte a pochi metri, questo fiume si incontra con il Tusciano. Adesso Brandon mi passa avanti, poi Steiner, dopo ancora sono io a passare davanti a loro due, sembra una partita a scacchi, ma non c’è niente di divertente! All’improvviso ci troviamo di fronte una radura, i tedeschi l’hanno ripulita dai cespugli immaginando che saremmo venuti da questa parte. Ma noi ci muoviamo sempre lungo l’argine del fiume tenendoci molto bassi avvicinandoci quanto più possibile alle rovine del ponte. Appena siamo abbastanza vicini, Steiner senza avvisarci, esce dall’argine e corre sparando verso la tana di volpe. “Maledizione Steiner, stai basso aspetta!”, gli grido, ma non faccio neppure in tempo a finire di maledirlo, che una raffica di mitragliatrice lo colpisce e va giù a terra. Ormai si sono accorti di noi! Esco anch’io dal mio nascondiglio e sparando percorro pochi metri e poi mi butto a terra riparandomi dietro ad un albero. Continuo sempre a sparare. Intanto si è mosso anche Brandon che compie la mia stessa manovra e si posiziona accanto a me. Io gli dico di non muoversi, ma è come parlare al vento. Il resto del plotone cerca di coprirci, ma il tiro è troppo alto. Brandon d’improvviso si alza e corre verso il ponte lanciando una bomba a mano, io allora mi alzo e sparo con il mio tommy gun. Si alza un nuvolone nero di fumo, resto in guardia, quando all’improvviso scorgo un tedesco che esce dal buco barcollando e tiene una pistola in pugno puntata verso di me. Allora lo finisco senza pensarci due volte. Brandon lancia un’altra bomba a mano che va a finire dall’altra parte della strada. Aveva visto un altro buco ed infatti c’erano altri tedeschi.
Mi ha salvato la vita!
In tutto i tedeschi erano cinque.
Andiamo da Steiner. Eccolo qui, ha ancora il suo viso paffuto e quell’espressione fanciullesca sul volto. Sembra che non abbia sofferto. Una pallottola lo ha colpito alla gola. Decidiamo di metterlo sulla strada in modo che gli altri lo troveranno più facilmente.
Intanto sull’altra collina i kraut sono fuggiti, hanno capito che non era più sicuro mantenere quella posizione.
Su questo ponte siamo passati noi rischiando vita. Sono morti cinque tedeschi e il povero Steiner. Non lo dimenticheremo. Fatelo anche voi.
Adesso che la strada è stata liberata, ci muoveremo ad ovest della collina che sovrasta ciò che rimane del ponte, poi saliremo sopra un’altra collina ad est e lì passeremo la notte tenendoci davanti Acerno, dove domani mattina alle otto in punto attaccheremo. Ma non io e non il mio plotone, il nostro compito è di andare in pattuglia verso il Volturno. Ci riposeremo per la notte e domani mattina da questa collina guarderemo la battaglia.
(continua……)
Descrizione: Corrado Curci
Foto: Web
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