06 marzo 2021

“EROI IN DIVISA SULLE NOSTRE MONTAGNE” Parte III

 


Una leggera brezza ci rinfresca il viso ed è l’unico sollievo in questa marcia! Siamo zuppi di sudore e camminiamo lentamente lungo il pendio delle montagne, il nemico ancora non si è fatto sentire ma sappiamo che da un momento all’altro sentiremo uno sparo e forse uno di noi cadrà a terra con urla di dolore, finché la morte non porterà sollievo. Solo il favore della notte e questi magnifici alberi potranno aiutarci dal non essere visti, ma marciare in silenzio è impossibile, ad ogni passo i nostri scarponi calpestano un ramo secco che emette il suo caratteristico rumore e ci fa tremare. Siamo in sette nella mia pattuglia, non parliamo tra noi per non farci sentire, ma spesso incrociamo i nostri sguardi ed è come parlare. E’ incredibile quante cose si possono dire anche con un solo sguardo. Le ragnatele sono fastidiosissime, continuano ad attaccarsi ai nostri volti, per adesso questo è il nostro nemico.
Ci siamo sparpagliati su per i pendii e sembrerà incredibile da credere ma ci auguriamo al più presto di sentire la mitragliatrice tedesca che ci spara contro, perché l’ansia ci sta consumando passo dopo passo.
Adesso giù verso il pendio noto una strada che corre verso sud, siamo alla biforcazione per Montecorvino Rovella, guardo il mio orologio incrinandolo verso la luce della luna: sono le 2.45 del mattino.
I miei compagni mi guardano scrutando sul mio volto il significato della mia sosta, allora li tranquillizzo indicando con la mia mano di proseguire, ma mentre agito ancora il mio braccio scoppia un inferno di fuoco! Ci buttiamo a terra come sassi pesanti e le pallottole ci passano sopra la testa emettendo il loro sibilo caratteristico. E’ l’mg 42 che ci vuole far fuori! Non riusciamo a vedere da dove stanno sparando e non ci conviene rispondere, altrimenti possono individuare la nostra posizione e farci saltare in aria con un colpo di artiglieria leggera.
Avvisiamo le nostre retrovie che il nemico si trova sopra una collina di fronte alla nostra posizione proprio sopra il bivio tra Montecorvino e Acerno, così il comando ci ordina di indietreggiare e di posizionarci più indietro e di tenerci al riparo. La nostra artiglieria ci aprirà la via.
Il cielo adesso si illumina, i mortai cominciano a cantare e colpiscono tutta la zona avanti a noi con un fuoco incessante tanto che la terra trema sotto di noi. Si sentono anche le schegge che sibilano ovunque e si resta giù appiattiti come vermi aspettando che i mortai smettano di cantare.
E finalmente si riparte, ma i tedeschi sono ancora piazzati per le colline. Ci raggruppiamo con gli altri plotoni e avanziamo tenendoci comunque distanziati, nessun nemico può restare vivo o qualcuno ci lascerà la pelle! Le raffiche di mitragliatrici sono continue, sentiamo esplodere le nostre bombe a mano e allora capiamo che qualcuno dei nostri ha individuato qualche “tana di volpe”. Ma quanti ce ne sono! Gli spari si odono anche da sud, tutta la zona è coperta dai Kraut, sembra che si stiano dividendo in gruppi, alcuni vanno verso Acerno mentre altri si dirigono verso una chiesa poco più in basso.
Le danze continueranno per una buona mezz’ora, i nostri hanno occupato tutte le colline intorno e “bonificato” la zona per alcune centinaia di metri”, si sentono soltanto alcuni colpi provenire dalla zona della chiesa, dove i tedeschi hanno picchiato pesantemente con le mitragliatrici, a anche la nostra risposta non si è fatta mancare. Prima i mortai e poi i nostri Tommy Gun!
Immancabili adesso sono le conte dei feriti e dei morti, noi ci siamo tutti per questa volta la morte ci ha sfiorato soltanto volendoci risparmiare per il prossimo attacco nemico. Si perché siamo sicuri che i tedeschi sono arretrati per riposizionarsi. Non ci lasceranno arrivare ad Acerno facilmente!
Adesso che le armi tacciono si sentono solo i lamenti dei feriti e le bestemmie contro i tedeschi e contro questa maledetta guerra. Brandon si avvicina e mi chiede se siamo tutti in piedi, io gli rispondo tutto bene e lui mi dà un colpo sulla spalla e se ne va. Un passo dopo un altro e mi domando se torneremo a casa un giorno, il mio desiderio più grande è quello di sedermi sulla veranda di casa gustandomi una birra fredda e senza che qualcuno mi spari alle spalle!
Lui ha una famiglia, io no. Ogni volta che posso avanzo davanti a tutti, sono quello che ha meno da perdere in questa guerra. Se tornerò a casa sano e salvo, la mia guerra continuerà contro la povertà. Mia madre è morta quando avevo sedici anni e mio padre anni prima ci aveva abbandonato lasciando una famiglia già povera e numerosa. A volte rivedo ancora mia madre spezzarsi la schiena di lavoro per farci crescere e quando cammino su per queste montagne ripenso a quando ancora quasi bambino imbracciavo il fucile per le colline del Texas a caccia di animali per avere qualcosa da mangiare.
Il mio aspetto da fanciullo non mi ha lasciato, lo odio! Ho faticato molto anche per farmi arruolare e quando ci sono riuscito mi volevano assegnare alle cucine per salvarmi da una morte certa in guerra. A me sembrava di impazzire, ma poi ce l’ho fatta e sono stato assegnato alla fanteria, anche se avrei voluto entrare nei marines. Mi viene da sorridere pensando che un giorno qualcuno dirà ad un mio superiore mentre mi osserva: “non farti ingannare dal suo aspetto, lui è il soldato più tosto di tutta la divisione!”
Ma dobbiamo andare avanti adesso! Ed io sono il primo, d’altronde sono il caporale, ho dei doveri verso il mio plotone. Queste montagne assomigliano alle nostre montagne rocciose, l’ideale per nascondersi ed attaccare, non si poteva trovare un luogo peggiore per fare una guerra!

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Tenente BANDINI Roberto - 186° rgt. fanteria, Divisione « Folgore »

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