“Avalanche vista da Montecorvino Rovella”
PARTE III
Giorno 9 settembre 1943.
Pomeriggio.
Mi trovo a casa di un mio caro amico, proprio nella piazza principale del paese. E’ un giorno così lungo e nell’aria si percepisce una certa inquietudine. Le ore sembrano non passare mai. In lontananza si sentono ancora i boati delle bombe che esplodono verso il mare. Noi siamo ancora qua, aspettando chissà cosa.
Guardo appena il mio vecchio orologio da polso, sono le 17.40, quando si sentono dei rombi di motori provenire dalla piazza, allora mi avvicino alla finestra e vedo dei soldati tedeschi su delle moto BMW, altri su una camionetta FIAT con sopra due soldati tedeschi morti e poi un’autoblindo. Si fermano al centro della piazza e cominciano ad urlare come pazzi nella loro lingua incomprensibile. Ma si capisce cosa vogliono dire. Stanno mostrando i corpi dei loro commilitoni a noi montecorvinesi, come per dirci che è colpa nostra se sono morti. E, all’improvviso, sparano con i mitra contro i muri e le finestre delle case, finché non finiscono i colpi nel caricatore.
Siamo terrorizzati.
Capiamo che da oggi non ci tratteranno più bene come prima. Ma che diavolo sarà successo, chi avrà ucciso quei soldati?! Più tardi lo scopriremo.
Di fronte alla casa dove abito, ho visto i vetri delle finestre frantumarsi, speriamo che nessuno sia stato colpito!
Finita la scarica dei mitra, ecco sentire una sonora pernacchia da quella finestra! Non so se ridere. Quando da un’autoblindo parte un colpo da 35 mm che colpisce quella casa proprio tra l’incrocio tra il pavimento e la parete verticale piegandone completamente la ringhiera!
Ma quanto sarà costata quella pernacchia! Vi dico che quel buco resterà così per altri sei anni, prima di essere riparata dal proprietario di casa, un commerciante di stoffe!
Più tardi verremo a sapere che cosa aveva scatenato la rabbia dei tedeschi.
Circa due ore prima, dal comando di San Martino, su ordine del colonnello Stempel, un gruppo di tedeschi si era recato presso il comando di brigata a San Pietro, posto nella casa parrocchiale, per disarmare il generale Rossi e quei pochi soldati presenti. Il Generale, appena si trovò di fronte i tedeschi, ordinò subito di sparare e così furono uccisi due dei soldati tedeschi, appunto quelli che sono stati posti sulla camionetta Fiat. Gli altri tedeschi scampati, corsero con le loro moto presso il comando per informare dell’accaduto. Immediatamente una colonna motorizzata partì per San Pietro con lo scopo di vendicare i due soldati, ma giunti al Comando non vi trovarono più nessuno.
Questo è quanto era accaduto.
I tedeschi portarono i corpi di quei due poveri soldati a pochi metri dall’inizio della via che porta a Giffoni e lì furono seppelliti alla buona, con i tacchi degli scarponi che uscivano dal terreno. Sulla croce scrissero i loro nomi: Ferdinand Bauzus e Kan Geipel.
Al Generale di brigata Rossi a San Pietro è andata sicuramente meglio rispetto al Generale Ferrante Gonzaga, comandante della 222a Divisione di Artiglieria Costiera, il quale il giorno prima, davanti all’ordine di arrendersi e di consegnare le armi, avrebbe risposto:” un Gonzaga non si arrende! Viva l’Italia!”. Questo atto di fedeltà e di eroismo gli costò la vita.
Ma questa è un’altra storia.
A Montecorvino ci si aspettava una rappresaglia da parte dei tedeschi ed, infatti non si fece attendere.
(continua…. Nel prossimo episodio la rappresaglia dei tedeschi e la cattura di venti di noi, compreso il podestà del paese).
Descrizione: Corrado Curci
Foto: web
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