Ore 4.00 del mattino del 9 settembre 1943.
Ci siamo allontanati in gran fretta dal belvedere dei cappuccini, i cannoneggiamenti a mare ci hanno spaventato. Le strade del paese sono ricolme di persone che parlano tra di loro, piccoli gruppi sparsi qua e là nella piazza principale dove sono venuto io. Si parla sotto voce, nel gruppo uno parla e tutti gli altri lo ascoltano, poi di tanto in tanto una donna si fa più volte il segno della croce. Ma in realtà nessuno conosce cosa stia accadendo, si parla di quello che si vede verso il mare e si fantastica su quello che potrebbe accadere.
La nostra paura più grande è rappresentata dai bombardamenti. I ricoveri che sono stati scavati nelle rocce nelle varie frazioni del paese non sono abbastanza ampi per accoglierci tutti, così alcuni stanno pensando di occupare le grotte naturali per difendersi dalle bombe. Si sta tutti in allerta attenti ad un qualunque rumore che assomigli a quello di un motore di un aereo. Ecco, ho appena saputo che a Gauro si sono già rifugiati nella grotta del brigante Cerino nel cuore della montagna del San Salvatore e nella grotta intitolata al Santo, altri a Martorano nella grotta di Santa Margherita che qualcuno chiama anche “a vocca ru lupo”! ma ce ne sono tante altre.
E’ l’alba adesso e i cannoneggiamenti si sono ridotti moltissimo. Verso la spiaggia si vedono alzarsi i fumi neri delle esplosioni che restano come sospesi a mezz’aria.
Alle prime luci, un altro spettacolo inquietante si palesa ai nostri occhi: Passano come carovane, diretti verso Giffoni ed Acerno ma anche verso le masserie del paese, decine e decine di persone, famiglie intere con carri trainati dai buoi, con su tutto quello che avevano potuto caricare in fretta, tra animali e cose. Li circondiamo per avere notizie di quello che hanno visto e i loro racconti ci terrorizzano. Ci dicono dei loro raccolti andati perduti, delle irruzioni dei tedeschi che hanno trasformato le loro masserie in fortini, così come hanno fatto i soldati inglesi forse più nervosi dei tedeschi, mezzi di tutti i tipi, jeep, carri armati, autoblindo. Ci raccontano dei soldati che sparavano all’impazzata, delle bombe a mano che esplodevano e dei sibili delle schegge che volavano dappertutto, della terra che tremava per le bombe e loro che si trovavano nel bel mezzo dell’inferno. Mi colpiscono di più i volti dei bambini.
Le bambine sono letteralmente attaccate alle vesti delle loro madri, il volto perso nel vuoto e sporco di terra e fuliggine. Su tutti quei volti si legge il terrore e la disperazione di chi ha perso tutto e di chi si è trovato in prima linea nella piana del Sele.
Sono gli scampati e i fuggitivi.
Gli altri sono i morti innocenti di questa guerra.
(Continua…… nel prossimo episodio il racconto dell’uccisione di due soldati tedeschi a San Pietro…..)
Descrizione: Corrado Curci
Foto: web
Nessun commento:
Posta un commento