25 marzo 2021

SERGEANT SYLVESTER ANTOLAK - MEDAL OF HONOR

 


Terza Divisione di Fanteria Americana

Compagnia B - 15° Reggimento – Terza Divisione di Fanteria Americana

Nella Giornata dedicata alle Medal of Honor negli Stati Uniti d’America, la nostra associazione, associata con l’Ass.ne Terza Divisione Americana di Fanteria – U.S. Army – Italia, ha deciso di ricordare ed onorare il Sergente SYLVESTER ANTOLAK, esempio


per tutti di alto senso del dovere, coraggio e spirito di sacrificio. Morto sulla nostra Italia per il proprio Paese e per donarci la libertà!

Di seguito la motivazione della Sua Medaglio d’Onore – Medal of Honor.

 Il 24 maggio 1944, vicino a Cisterna di Littoria (oggi di Latina), ha percorso 200 yards su un terreno pianeggiante e senza copertura per distruggere un nido di mitragliatrici nemiche durante il secondo giorno dell'offensiva che ha sfondato il cordone d'acciaio tedesco attorno alla testa di ponte di Anzio. Percorse 30 yards prima della sua squadra, si imbatté nel fuoco di una mitragliatrice e di fucili nemici.

Per tre volte è stato colpito da proiettili ed è caduto a terra, ma ogni volta ha lottato per alzarsi in piedi per continuare la sua inarrestabile avanzata.

Con una spalla profondamente ferita e il braccio destro in frantumi, continuò a precipitarsi direttamente nella concentrazione del fuoco nemico con il suo mitra sotto il braccio sano, fino a quando non si trovava a meno di 15 metri dal punto del nemico, dove aprì il fuoco a distanza ravvicinata, uccidendo due Tedeschi e costringendo i restanti 10 ad arrendersi.

Riorganizzò i suoi uomini e, rifiutandosi di cercare le cure mediche così necessarie, scelse di aprire la strada verso un’altra postazione nemica a 100 metri di distanza.

Ignorando completamente la grandine di proiettili concentrata su di lui, si era precipitato davanti a quasi tre quarti dello spazio tra i punti di fuoco nemico, quando venne ucciso.

Ispirato dal suo esempio, la sua squadra ha continuato a sopraffare le truppe nemiche. Con il suo supremo sacrificio, il superbo coraggio combattivo e l'eroica devozione all'attacco, il sergente Antolak si rese direttamente responsabile dell'eliminazione di 20 tedeschi, della cattura di una mitragliatrice nemica e dello sgombero della strada per l'avanzata della sua compagnia.

Fonte Dati: U.S. Army

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17 marzo 2021

Nella semplicità si nascondono le cose più belle!









foto: Esplorando la Campania
Descrizione: Esplorando la Campania

UNO DEI DOCUMENTI PIU’ ANTICHI DELLA LINGUA GRECA SI TROVA IN CAMPANIA

 

Conoscete dove si trova?


La coppa di Nestore è un reperto archeologico rinvenuto nella necropoli di San Montano a Lacco Ameno, sull'isola d'Ischia, dall'archeologo tedesco Giorgio Buchner.
L'iscrizione che si trova sul vaso, databile intorno all'ultimo venticinquennio dell'VIII secolo a.C., costituisce uno dei più antichi esempi di scrittura alfabetica.
Questa iscrizione, oltre a testimoniare la fitta rete di relazioni commerciali che i coloni di Pithekoussai svilupparono con il Vicino Oriente e Cartagine, la Grecia e la Spagna, l'Etruria meridionale, sino alla Puglia, la Calabria ionica e la Sardegna (tanto che Buchner, contrariamente a quanto si era fino a quel momento ritenuto, poté identificare Ischia come la prima colonia greca dell'Italia meridionale), costituisce uno degli esempi più antichi di scrittura greca a noi giunto e rappresenta soprattutto il primo frammento noto di poesia conservato nella sua stesura originale, contemporanea a quella del celebre poema epico attribuito ad Omero.
FOTO E DESCRIZIONE: WIKIPEDIA

IL CASTELLO DI ROCCADASPIDE VOLUTO DA FEDERICO II




La sua edificazione venne presumibilmente iniziata nel 1245, sulla base di una rocca già esistente. Si ritiene che fu l'imperatore Federico II di Svevia a voler fortificare la struttura originaria, in seguito agli eventi relativi alla congiura di Capaccio, allo scopo di porre in quella zona un baluardo per meglio controllare la Valle del Calore Lucano. La documentazione storica rinvenuta, infatti, dimostra come almeno dal X secolo a Roccadaspide fosse presente una rocca ovvero una torre, mentre a partire dal 1270, e quindi subito dopo gli eventi del 1245, i documenti riferiscono dell'esistenza di un vero e proprio castello. D'altronde è certo che Federico II, nello stesso periodo in cui si fa risalire l'edificazione del castello di Roccadaspide, fece erigere numerose fortificazioni a guardia della Valle del Calore per le lotte allora esistenti tra l'Impero e il Papato. Dopo la sua costruzione, il castello ha ospitato le varie famiglie nobiliari alle quali veniva concessa la signoria dell'Universitas di Roccadaspide; attualmente il castello è di proprietà di privati. Il maniero, che nei secoli ha subito varie aggiunte e trasformazioni, si presenta in ottimo stato di conservazione, ha un perimetro di 400 metri ed è costituito da 33 stanze e 7 torri di cui 2 quadrangolari e 5 cilindriche. All'interno delle mura del castello sono inoltre presenti degli ambienti un tempo adibiti a prigioni e camera dei supplizi nonché i giardini della Corte. È certo inoltre che in epoca feudale, intorno al castello, vennero erette varie strutture caratteristiche del periodo medioevale quali una cinta muraria, torrette di avvistamento, un ponte levatoio in legno, una cisterna, due porte artistiche dalle quali si accedeva al centro urbano, il macello della Corte, depositi, capannoni, recinti per animali, la vigna della Corte e tante altre di cui rimango soltanto poche tracce.
FONTE: DESCRIZIONE E FOTO: Explorecilento.com

UFO?

 







Una rappresentazione di UFO in un dipinto presente al museo di Capodimonte di Napoli?

Parliamo della "Fondazione della Basilica di Santa Maria Maggiore", opera di Tommaso Di Cristoforo Fino o Masolino da Panicale.

16 marzo 2021

MAURICE LEE BRITT - Dalla Medaglia d’Argento alla Medal of Honor!

MAURICE LEE BRITT

From Acerno To Anzio. Thank you Britt!

La guerra ad Acerno era finita!

Ma non per i soldati della Terza Divisione di fanteria.

Maurice Britt radunò i suoi 200 uomini dell compagnia L e si spinse fino alle croci di Acerno, dove si unì al 7° reggimento che, partiti da Montecorvino Rovella nella sera tra il 21 e il 22 settembre, avevano marciato per tutta la notte!

Il 23 settembre verso sera i soldati del 10° Engeneer erano arrivati al campo americano a sud del paese. Il soldato Chick Bruns stava preparando la tenda, quando disse ai suoi compagni che forse era meglio spostarsi perché nell’aria c’era una terribile puzza. Allora con la torcia guardarono tutto intorno, ma niente. Poi alzarono la torcia illuminando l’albero accanto alla tenda e videro i brandelli di un soldato tedesco che penzolavano tra i rami.

Ne furono inorriditi.

Poi presero quel che ne rimaneva e gli diedero una degna sepoltura.

PER GENTILE CONCESSIONE DEL PRES. DELL’ASS. TERZA DIVISIONE DI FANTERIA U.S.ARMY – ITALIA, L. S., RIPORTIAMO DI SEGUITO TESTO DELLA STORIA DI BRITT..

…[ “All'inizio di ottobre del 1943, tutta l'Italia meridionale era nelle mani degli Alleati, gli eserciti erano di fronte alla linea del Volturno.

 

Questa era la prima di una serie di linee difensive preparate dai tedeschi e che attraversavano l'Italia da est a ovest e da cui i tedeschi avevano scelto di resistere per ritardare l’avanzata alleata.

 

Questa strategia costringeva gli alleati ad avanzare e combattere in terreni impervi e conquistarli metro dopo metro; dando ai difensori il tempo per completare la preparazione di altre linee difensive, come la Winter Line (Linea Invernale) e la Gustav Line; una delle loro linee difensive più forti a sud di Roma, che impegnò gli alleati per quasi sei mesi.

 

Il 29 ottobre, dopo aver attraversato il Volturno, Britt fu in prima linea con i suoi ragazzi nella zona di Pietravairano durante l’attacco a monte San Nicola, il suo compito era di organizzare un fuoco di copertura per permettere ad una compagnia del 30°rgt di conquistare la vetta.

 

Nelle stesse azioni di quel giorno un soldato della terza divisione meritò la Medal of Honor. Durante quest’azione un soldato di Britt fu colpito da un cecchino e cadde su un terreno ripido in una zona impervia e rocciosa scoperta al tiro nemico; le sue urla fecero capire che non era stato ucciso ma solo ferito.

 

Britt non attese la sera e quindi il buio per inviare i soccorsi e prenderlo, ma si arrampicò lungo la collina, per un terreno scoperto e facile bersaglio per i cecchini, fino a raggiungere il soldato ferito, che fu preso in spalla e portato di nuovo a valle, verso le sue linee ed i primi soccorsi.

 

Per le azioni a Pietravairano del 29 ottobre, ricevette la “Bronze Star Medal” (medaglia della stella di bronzo) con la “V” in bronzo posta sul nastrino a indicare il “Valore” delle azioni condotte in quei giorni.

 

I giorni che seguirono videro parte della terza divisione incaricata di raggiungere e conquistare le tre montagne che dominavano l’Highway Six (la S.S. Casilina) a nord del villaggio di Mignano: la collina di Monterotondo sulla destra di Montelungo al centro e di Monte la Defenza sulla sinistra. Per l’attacco sarebbero stati utilizzati il 15° reggimento (obiettivo Monterotondo e Montelungo) ed il 7° reggimento (obiettivo monte Cesima, al confine con il settore e l’obiettivo d’attacco Inglese, Monte Camino).

 

Le pattuglie di esploratori segnalavano diversi campi minati, trappole e postazioni di mitragliatrici su tutte le montagne, difese da unità della 3a divisione Panzergrenadier e della divisione Hermann Göring, ancora efficienti, nonostante le pesanti perdite subite fino a quel momento.

 

Il generale Truscott, che aveva avuto il comando della 3ª divisione di fanteria dall'aprile del 1943,  aveva messo in riserva il 30°rgt. Fanteria, tenendolo pronto per l’assalto decisivo in quella zona quando le difese Tedesche sarebbero state sul punto di crollare.

 

Ma la situazione tattica venutasi a trovare sul monte Camino, una montagna posta ad ovest, verso il mare, nel settore Inglese, molto alta e ripida, dove la 56a divisione Inglese era bloccata; portò il generale Inglese McCreery a chiedere a Clark una maggiore pressione per aiutare la 56a divisione.

 

Il generale Clark acconsentì chiedendo al generale Lucas un maggiore sforzo; quest’ultimo chiese al generale Truscott, comandante delle truppe dell’area definita come “Mignano Gap” (varco di Mignano), di impiegare anche il 30°rgt. fanteria in una manovra avvolgente.

 

Truscott protestò, vedendo in questo lo spreco di un reggimento, ma obbedì agli ordini inviando il 30°rgt. Di fanteria a bordo dei camion verso Presenzano, nei pressi di Rocca Pipirozzi, da qui il reggimento passò nelle zone presidiate dalla 45a Divisione e avanzò verso ovest lungo la Cannavinelle Hill, scavata da un battaglione di Ranger, per prendere Monterotondo da Est.

 

Al reggimento, affaticato dalla lunga permanenza al fronte, bagnato per la pioggia che non terminava mai e infreddolito per le temperature basse del periodo, fu ordinato di conquistare e tenere la strategica posizione di Monterotondo che permetteva ai tedeschi di controllare la strada principale per Roma.

 

Alla pioggia si unì anche la neve, ed il 30°rgt. di fanteria la mattina del 6 novembre attaccò compiendo pochi progressi. Al loro fianco, ad ovest, il 15° rgt fanteria non era riuscito a conquistare la prima vetta di Montelungo, entrambi non avevano raggiunto i loro obiettivi e occorreva un nuovo attacco.

 

La conquista di Monterotondo avvenne l’8 Novembre, in una mattina nebbiosa, dopo due giorni passati sotto la neve, senza equipaggiamento invernale e senza cibo, che fu consegnato solo poche ore prima del secondo attacco.

 

Per quest’azione furono sostenuti da otto battaglioni di artiglieria coordinati tra loro, che fecero fuoco sulle due colline, permettendo al 30° rgt. di rompere la difesa del 3° Panzergrenadier Division e farsi largo lungo la boscaglia, risalendo la collina ripida e fangosa per raggiungere la vetta.

 

Per la conquista della vetta il 30° reggimento della Terza Divisione ebbe la Presidential Unit Citation, un nastrino blù rettangolare bordato da un cordoncino color oro, una delle più alte onorificenze militari delle forze armate statunitensi, conferita per "atti di straordinario eroismo contro il nemico".

 

Anche un battaglione del 15°rgt. fanteria conquistò la prima vetta di Montelungo mentre un secondo si posizionò lungo l’Highway Six tra le colline di Montelungo e Monterotondo per garantire la chiusura di una curva difensiva. In questa zona la pattuglia di esploratori guidata dal soldato Audie Murphy a seguito di un combattimento con diversi morti e prigionieri Tedeschi, fu costretta a rifugiarsi in una grotta. (lo scontro fu ricordato da A.Murphy nelle sue memorie pubblicate nel libro all’Inferno e ritorno. La grotta è stata ritrovata nella primavera del 2018 ed è attualmente visitabile.)

 

Lo stesso giorno, l’8 novembre, con l’intenzione di riconquistare la collina, l’8 reggimento della 3a divisione panzer (Panzergrenadier) lanciò diversi attacchi con il secondo battaglione (II/8°) contro alcune compagnie della terza divisione posizionate sulla sommità di Monterotondo.

 

La storico della 3a divisione ci ha descritto i loro attacchi  come “non coordinati tra di loro”, questo fatto fu strano per gli americani, abituati all’organizzazione tedesca nella difesa e nell’attacco.

 

La forza del battaglione tedesco alla fine dei primi attacchi era ridotta a soli trenta uomini tanto da rendere necessario al comando tedesco di riunire il II°btg. (II/8°) al III° btg. (III/8°) posto tra Monterotondo e Montelungo per avere di nuovo una unità efficiente.

 

Von Senger, disperato per gli esiti degli scontri e deciso a riprendere Monterotondo, ordinò al 104° reggimento Panzergrenadier, (III/104°) rimasto di riserva, di riconquistare la vetta di Monterotondo “a tutti i costi”.

 

Von Senger ordinò inoltre al gruppo di combattimento di Otto Von Corvin di prendere posizione nella zona di San Pietro Infine, la battaglia di San Pietro era all’orizzonte.

 

Durante la notte del 9 novembre il 104 ° reggimento Panzergrenadier superò l’8° Panzergrenadier alla base della collina di Monterotondo.

 

Questo battaglione teneva ancora prigionieri gli americani catturati durante gli attacchi dell'8 novembre, dalle fonti storiche della divisione, sembra si trattasse di soldati di alcune postazioni di mitragliatrici rimasti tagliati fuori dal contrattacco tedesco.

 

Il 104°, avendo come ordine di riprendere Monterotondo a tutti i costi, decise che il fine giustificava i mezzi e prese in carico i prigionieri americani informandoli che sarebbero stati posizionati di fronte al battaglione durante l’attacco, utilizzandoli di fatto come scudi umani. Questo stratagemma fu messo in atto fin dalla sera, quando due compagnie del 104° avanzarono nella notte fino alle pendici orientali di Monterotondo portando con se i prigionieri che sarebbero stati utilizzati il giorno seguente nell’attacco principale.

 

Il giorno di Britt

 

E venne il giorno dell’onore e del coraggio, era il 10 novembre del 1943, Monterotondo a quel punto dei combattimenti era difeso da tre sottodimensionate compagnie del 3° Btg. (30° Rgt.).

 

Una delle tre compagnie, la L, quella di Britt, era posizionata in basso e ridotta a soli 55 uomini, dei 200 di cui era composta a Salerno e doveva controllare e difendere una zona boscosa di circa 550 metri posta sul versante orientale della collina.

 

Il comandante del battaglione, il tenente colonnello Edgar C. Doleman, ricorda che il sistema difensivo era talmente esteso e presidiato da pochi uomini che era impossibile mantenere un contatto attraverso il bosco ed i pendii, questo era possibile solo con l’utilizzo di pattuglie, esposte al tiro degli assalitori o con l’ascolto dei messaggi gridati tra le varie postazioni.

 

Il nemico iniziò ad avanzare verso le postazioni americane costringendo i prigionieri americani a correre di fronte a loro e riuscendo a trovare un varco tra le compagnie K e L che permetteva loro di attaccare al fianco la compagnia L, isolandola dal resto del battaglione.

 

Il caporale John Syc, ricordando quei giorni disse: “ non riuscivamo a vedere gli americani, ma li sentivamo gridare di non sparare”.

 

Quando i prigionieri americani erano ormai a 50 mt e continuavano a gridare “Don’t shoot!” (non sparate!) il comandante della compagnia L, il tenente Britt, gridò ai prigionieri “We’re going to shoot! Fall flat! You won’t be hurt” “stiamo per sparare, gettatevi piatti a terra, non vi farete male!”

 

Il breve ritardo nell’apertura del fuoco da parte degli americani, per capire la situazione ed avvisare i prigionieri usati come scudi umani, aveva permesso ai Panzergrenadier di cogliere  l'opportunità che cercavano:  avvicinarsi il più possibile alla compagnia L per ridurre le perdite ed infliggere maggiore danno al nemico.

 

Con le due parti molto vicine lo scontro sembrava dovesse terminare con un corpo a corpo, tanto che entrambe le fazioni misero la baionetta sui fucili.

 

I tedeschi impegnati nell’attacco erano più di cento e fu a quel punto che Britt, capendo che la sua compagnia sarebbe stata tagliata fuori dal resto del battaglione e poi annientata, uscì dalla sua buca e iniziò a correre da una postazione all’altra incoraggiando i suoi uomini a tenere duro e sparare per tenere costantemente sotto il tiro le postazioni tedesche, che nel frattempo, avendo capito tutto, avevano iniziato a prendere di mira Britt, non riuscendo a colpirlo data la sua velocità ed i continui cambi di traiettoria; specialità in cui Britt era famoso nei Detroit Lions.

 

Durante l’azione Britt fu trafitto al costato da un proiettile e ferito altre tre volte da schegge di mortaio, ma nonostante il dolore, il sangue che gli copriva il petto, il viso e le mani, riuscì a lanciare sul nemico trentadue granate a frammentazione, sparare con il suo fucile e tutte le armi che trovava in terra o nelle buche di soldati uccisi fino a consumare un impressionante numero di colpi.  Uccise cinque tedeschi e ne ferì molti altri, riuscendo a liberare una parte dei soldati americani prigionieri, facendo a sua volta quattro prigionieri tedeschi.

 

Fred E. Marshall ricorda che Britt correva da una parte all’altra sparando ad ogni rumore e ad ogni figura in movimento, sparendo nel bosco per poi riapparire una volta finite le munizioni, lo ricorda prendere una carabina M1 da un soldato gravemente ferito e continuare a fare fuoco con quella e lanciare granate nel bosco mentre correva cercando i tedeschi.

 

Una scena rimase impressa a Marshall, fu quando vide Britt, in mezzo al fuoco tedesco a pochi metri da loro, lanciare granate tutto intorno a lui senza essere colpito dalle stesse schegge; le bombe scoppiavano intorno a lui e lui correva e continuava a lanciarle.

 

Il sergente James G. Klanes ricorda di averlo visto partire e gettare 10/12 granate contro i tedeschi, che gli sparavano e lanciavano a loro volta granate e vederlo poi tornare riprendere altre granate e ripartire in velocità, per tutto il combattimento.

 

In una delle corse di rientro alle postazioni americane lo videro con il viso il petto e le mani coperte di sangue, per via di tre bombe a mano tedesche lanciate su di lui e che era riuscito a rilanciare indietro facendole scoppiare lontano da lui, ma rimanendo colpito dalle schegge. 

 

Quando l’assalto iniziale stava per vacillare ed il restante della forza tedesca era ancora davanti alle loro posizioni, ma psicologicamente provata per la difesa che stava incontrando; Britt chiamò a raccolta i suoi uomini incitandoli a seguirlo nel bosco per attaccare e ripulire la minaccia.

 

Il Caporale Eric B. Gibson di Chicago, ed il soldato Schimer di New York lo seguirono; Britt infondeva coraggio, sembrava immortale.

 

Gibson ricorda che mentre Britt dava le indicazioni per l’azione la borraccia era trafitta da fori di proiettili, la camicia era ricoperta d’acqua, sudore e sangue, il suo porta binocolo era tutto trafitto da schegge e fori di proiettili.

 

A battaglia ultimata furono contati 14 morti tedeschi su quel lato della montagna, molti di loro uccisi da Britt.

 

Per tutta la mattina Britt ed i tedeschi nel bosco si scambiarono fuoco da una distanza di 15 metri, sembrava li cercasse tra i rovi per attaccare battaglia.

 

Alcuni dei superstiti di quello scontro dissero che Britt, quella mattina in quel bosco, era un esercito di un uomo solo.

 

Le sue azioni incisero in maniera fondamentale sulla ritirata tedesca; probabilmente, se avesse fallito, Monterotondo sarebbe stato riconquistato.

 

Quando nel pomeriggio arrivarono i rinforzi, Britt tornò ancora nel bosco per cercare e colpire il resto dei tedeschi. Gibson ricorda ancora che Britt annientò una postazione di mitragliatrici che stava per colpirlo, salvandogli la vita.

 

Quando i rinforzi arrivarono, dei cinquantacinque uomini iniziali di Monterotondo, oltre a Britt ne erano rimasti solo quattro; i tedeschi lasciarono sul campo sessantacinque tra morti e feriti.

 

Dopo il consolidamento delle posizioni, il comandante del battaglione, il Col. Doleman chiese una relazione a Britt e osservandolo sanguinare in quattro diversi punti gli comunicò di farsi vedere subito; ma Britt disse che non era nulla, il colonnello gli dovette ordinare di andare al punto di soccorso.

 

Arrivato al posto di medicamento Britt disse all’ufficiale medico, il capitano Roy Hanford, “prosegui con le cure degli altri feriti, ho solo un piccolo graffio, quando hai tempo lo guardi”. 

 

Questo graffio, disse poi il capitano medico, era una ferita al fianco di 2 cm di larghezza, profonda fino al muscolo, senza contare le schegge sul viso e sulle mani lasciate dalle granate tedesche.

 

Vedere il comportamento di Britt, disse il Capitano medico, era una fonte di forza e ispirazione sia per i feriti che per il personale medico, provato e stanco da quei giorni di combattimento.

 

Dopo il suo breve passaggio nell’infermeria si sentiva che tutti volevano dare di più a costo di sopportare il dolore.

 

Quando gli chiese se voleva andare in ospedale Britt rispose “ No, Doc, voglio risalire su quella collina ed aiutare i miei ragazzi”. La sua cura fu un po’ di polvere sulfamidica e un bel po’ di bende. Britt in quell’occasione non mostrò un pezzo di bomba a mano incastrato nel muscolo pettorale, lo fece diversi giorni dopo. Uscì dalla tenda e riprese a salire sulla collina di Monterotondo.

 

Il Tenente Britt, alla fine dei combattimenti, ricevette la nomina per la Medal of Honor,  la più alta decorazione militare assegnata dal Governo degli Stati Uniti.

 

Per lui ci fu anche la promozione a Capitano sul campo di battaglia.

 

Anzio, 22 Gennaio del 1944, per Britt questo era il quarto sbarco dall’inizio del servizio militare, la Terza divisione era impegnata nell’Operazione Shingle. Il mezzo da sbarco ondeggiava lento, lo sbarco si annunciava più tranquillo del solito.

 

Britt, curate le ferite, il 23 Gennaio era già in prima linea con la sua compagnia nelle Paludi Pontine, nei pressi di un incrocio stradale in zona Canale Mussolini. L’esperienza maturata nei mesi di combattimento gli fece capire che i tedeschi in quell’incrocio avevano piazzato delle mitragliatrici ben mimetizzate, ma non sapeva dove; era sicuro che avrebbero fatto fuoco quando tutti i suoi soldati e quelli delle altre compagnie sarebbero stati allo scoperto.

 

Per questo motivo, per riuscire a snidarle, disse ai suoi di tenere gli occhi aperti e vedere da dove partiva il fuoco per indirizzare i colpi di mortaio e di artiglieria e iniziò a correre alla sua maniera esponendosi volutamente al tiro delle mitragliatrici tedesche. Anche qui la sua velocità, il suo coraggio ebbero la meglio.

 

Le mitragliatrici aprirono il fuoco dichiarando la loro posizione ed i mortai americani le ridussero al silenzio. L’azione di Britt aveva salvato la vita a tanti soldati americani che in segno di rispetto chiamarono e ricordarono quell’incrocio stradale come "Incrocio Britt".

 

Il giorno successivo, il 24 Gennaio, il capitano Britt si offrì volontario con altri due ufficiali (Burleigh e Packwood) e partì per una missione di ricognizione che aveva lo scopo di osservare una dozzina di carri armati tedeschi in avvicinamento, erano i primi segni del contrattacco successivo allo sbarco.

 

Britt e gli altri ufficiali si posizionarono all’interno di un casale in pietra semidistrutto e lo usarono come posto di osservazione per dirigere il fuoco dell’artiglieria navale contro i carri in avanzata.

 

Un carro armato tedesco, avendo capito che all’interno del casale poteva trovarsi un posto di osservazione si avvicinò a circa 300 mt dall’edificio prima di sparare un proiettile perforante che colpendo la casa penetrò per parecchie pareti prima di esplodere nella sala dove si trovava in osservazione il capitano Britt. L'esplosione gli strappò il braccio fino al gomito, gli fratturò la gamba e tre dita dei piedi. Britt, mentre era seduto in mezzo alle macerie, raccolse il suo braccio mozzato con la mano sinistra e disse: "Ho sempre pensato che sarebbe andata a finire così!" quello era il braccio con il quale teneva il pallone da football.

 

Le sue azioni del 22 e 23 Gennaio, nella testa di ponte di Anzio, gli valsero il “Distinguished Service Cross”, la seconda più alta decorazione dell'esercito degli Stati Uniti, assegnata per ardimento ed estremo rischio della vita.

 

Nel febbraio del 1944, Britt fu evacuato per gli Stati Uniti per le cure mediche presso il Lawson General Hospital di Atlanta, la guerra per lui era finita.

 

Nel suo discorso, il giorno della consegna della Medal of Honor, il capitano Britt accettò la medaglia in nome di tutti i fanti che avevano combattuto ed erano morti in Italia e nel Pacifico e per tutti coloro che stavano ancora combattendo.

 

Durante la convalescenza per le ferite e l’amputazione di parte del braccio, partecipò ad un tour di War Bond per la ricerca di fondi per finanziare lo sforzo bellico. Fu congedato con onore il 27 dicembre 1944 e tornò all’University of Arkansas per studiare e prendere la laurea in legge, mentre la guerra continuava.

 

Intorno a lui vide fanti come Audie Murphy, Leonard Funk ed altri pluridecorati continuare a raccogliere fondi e raccontare le loro gesta ma Britt non fu più ricordato dal pubblico.

 

Ebbe però successo nella vita come industriale e politico divenendo vice governatore del suo stato e consigliere nello staff di Nixon.

 

Maurice Britt fu il primo soldato americano ad ottenere tutte e quattro le decorazioni al valore dell'esercito americano durante la Seconda Guerra Mondiale.

 

Ha raggiunto i suoi fratelli in armi, della compagnia L, il 26 novembre 1995 nel John L. Mc Clellan Memorial Veterans Hospital di Little Rock.

 

Per cinquantadue anni aveva vissuto con il costante e quotidiano dolore per la perdita del braccio destro, del polmone destro, del busto sfregiato dalle schegge e trapassato da un proiettile e per un pezzo di scheggia conficcato nel piede sinistro. Nell’ottobre del 1995, quando la sua condizione diabetica lo consentì, gli fu rimosso il pezzo di metallo dal piede. Una vasta infezione seguita all’intervento e tre successive operazioni in una settimana per riuscire a fermarla, furono troppe per questo grande soldato, che morì all'età di 76 anni per insufficienza cardiaca.

 

Durante la cerimonia la bara era aperta, il suo cappotto militare pendeva dalla parte posteriore della sua sedia a dondolo preferita, posta accanto al feretro.

 

Il suo berretto militare e le sue medaglie erano state poste su di un tavolo accanto a lui.

 

Un sergente dell'esercito restò accanto alla bara durante le sei ore in cui Britt fu esposto. La cerimonia si svolse nella Chiesa Battista del Calvario di Little Rock, dove Britt era membro ed andava tutte le domeniche. La sepoltura avvenne presso il Little Rock National Cemetery.

 

Medagliere personale del Capitano Maurice Lee Britt “Footsie”

 

1 Medal Of Honor (Medaglia d'onore)

1 Distinguished Service Cross (croce al merito di servizio)

1 Silver Star (Stella d’Argento)

2 Bronze Star (Stella di Bronzo)

4 Purple Hearts (cuore di porpora)

1 Army Commendation Medal (medaglia per atti di valore)

1 Presidential Unit Citation (medaglia per atti di straordinario eroismo contro il nemico) 

1 Combat Infantryman Badge ( medaglia per tutti i fanti in combattimento dal 6 Gennaio 1941)

1 British Military Cross (croce di guerra Inglese)

1 Medaglia d’oro al valore militare (Onorificenza Italiana) 

 

Onori personali

 

Arkansas Sports Hall of Fame (1972)….” ]

Un ringraziamento speciale a L.S. anche per averci donato le fotografie di MAURICE LEE BRITT – MEDAL OF HONOR











Fonte dati:

# https://www.terzadivisionedifanteriaitalia.com/p/maurice-lee-britt-footse.html;

# https://www.esplorandolacampania.blogspot.com;

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Tenente BANDINI Roberto - 186° rgt. fanteria, Divisione « Folgore »

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